AD GENTES

CAPITOLO Vl

LA COOPERAZIONE

Introduzione

35. Essendo la Chiesa tutta missionaria, ed essendo l'opera evangelizzatrice dovere fondamentale del popolo di Dio, il sacro Concilio invita tutti i fedeli ad un profondo rinnovamento interiore, affinché, avendo una viva coscienza della propria responsabilità in ordine alla diffusione del Vangelo, prendano la loro parte nell'opera missionaria presso i pagani.

Tutti i fedeli devono cooperare all'apostolato missionario

36. Tutti i fedeli, quali membra del Cristo vivente, a cui sono stati incorporati ed assimilati mediante il battesimo, la cresima e l'eucaristia, hanno lo stretto obbligo di cooperare all'espansione e alla dilatazione del suo corpo, sì da portarlo il più presto possibile alla sua pienezza (154).

Pertanto tutti i figli della Chiesa devono avere la viva coscienza della loro responsabilità di fronte al mondo, devono coltivare in se stessi uno spirito veramente cattolico e devono spendere le loro forze nell'opera di evangelizzazione. Ma tutti sappiano che il primo e principale loro dovere in ordine alla diffusione della fede è quello di vivere una vita profondamente cristiana. Sarà appunto il loro fervore nel servizio di Dio, il loro amore verso il prossimo ad immettere come un soffio nuovo di spiritualità in tutta quanta la Chiesa, che apparirà allora come « un segno levato sulle nazioni » (155), come « la luce del mondo» (Mt 5,14) e «il sale della terra» (Mt 5,13). Una tale testimonianza di vita raggiungerà più facilmente il suo effetto se verrà data insieme con gli altri gruppi cristiani, secondo le norme contenute nel decreto relativo all'ecumenismo (156).

Sarà questo rinnovamento spirituale a far salire spontaneamente preghiere ed opere di penitenza a Dio, perché fecondi con la sua grazia il lavoro dei missionari; da esso avranno origine le vocazioni missionarie; da esso deriveranno quegli aiuti di cui le missioni han bisogno.

E perché tutti e singoli i fedeli conoscano adeguatamente la condizione attuale della Chiesa nel mondo e giunga loro la voce delle moltitudini che gridano: «Aiutateci» (157), bisogna offrir loro dei ragguagli di carattere missionario con l'ausilio anche dei mezzi di comunicazione sociale: sentiranno così come cosa propria l'attività missionaria, apriranno il cuore di fronte alle necessità tanto vaste e profonde degli uomini e potranno venir loro in aiuto. È necessario altresì coordinare queste notizie e cooperare con gli organismi nazionali e internazionali.

La cooperazione delle comunità cristiane

37. Poiché il popolo di Dio vive nelle comunità, specialmente in quelle diocesane e parrocchiali, ed in esse in qualche modo appare in forma visibile, tocca anche a queste comunità render testimonianza a Cristo di fronte alle nazioni.

La grazia del rinnovamento non può avere sviluppo alcuno nelle comunità, se ciascuna di esse non allarga la vasta trama della sua carità sino ai confini della terra, dimostrando per quelli che sono lontani la stessa sollecitudine che ha per coloro che sono i suoi propri membri.

È così che l'intera comunità prega, coopera, esercita una attività tra i popoli pagani attraverso quei suoi figli che Dio sceglie per questo nobilissimo compito.

Sarà quindi utilissimo mantenere i contatti, senza tuttavia trascurare l'opera missionaria generale, con i missionari che in questa stessa comunità hanno avuto origine, o con una parrocchia o con una diocesi di missione, perché divenga visibile l'unione intima tra le comunità, con il vantaggio di una reciproca edificazione.

Dovere missionario dei vescovi

38. Tutti i vescovi, in quanto membri del corpo episcopale che succede al collegio apostolico, sono stati consacrati non soltanto per una diocesi, ma per la salvezza di tutto il mondo. Il comando di Cristo di predicare il Vangelo ad ogni creatura (158) riguarda innanzitutto e immediatamente proprio loro, insieme con Pietro e sotto la guida di Pietro. Da qui deriva quella comunione e cooperazione a livello delle Chiese, che oggi è così necessaria per svolgere l'opera di evangelizzazione. In forza di questa comunione, le singole Chiese sentono la preoccupazione per tutte le altre, si informano reciprocamente dei propri bisogni, si scambiano l'una con l'altra i propri beni, essendo l'estensione del corpo di Cristo dovere dell'intero collegio episcopale (159).

Il vescovo, suscitando, promuovendo e dirigendo l'opera missionaria nella sua diocesi, con la quale forma un tutto uno, rende presente e, per così dire visibile lo spirito e l'ardore missionario del popolo di Dio, sicché la diocesi tutta si fa missionaria.

È pure compito del vescovo suscitare nel suo popolo, specialmente in mezzo ai malati e ai sofferenti, delle anime che con cuore generoso sanno offrire a Dio le loro preghiere e penitenze per l'evangelizzazione del mondo; incoraggiare volentieri le vocazioni dei giovani e dei chierici per gli istituti missionari, accettando con riconoscenza che Dio ne scelga alcuni per inserirli nell'attività missionaria della Chiesa; spronare e sostenere le congregazioni diocesane perché si assumano la loro parte nelle missioni; promuovere le opere degli istituti missionari in seno ai suoi fedeli, specialmente le pontificie opere missionarie. A queste opere infatti deve essere giustamente riservato il primo posto, perché costituiscono altrettanti mezzi sia per infondere nei cattolici, fin dalla più tenera età, uno spirito veramente universale e missionario, sia per favorire una adeguata raccolta di sussidi a vantaggio di tutte le missioni e secondo le necessità di ciascuna (160).

E poiché si fa ogni giorno più urgente la necessità di operai nella vigna del Signore ed i sacerdoti diocesani desiderano avere anch'essi un ruolo sempre più importante nell'evangelizzazione del mondo, il santo Concilio auspica che i vescovi, considerando la grandissima scarsezza di sacerdoti che impedisce la evangelizzazione di molte regioni, mandino alle diocesi mancanti di clero, debitamente preparati, alcuni dei loro migliori sacerdoti, perché si consacrino all'opera missionaria: sarà qui che essi, almeno per un certo periodo, eserciteranno con spirito di servizio il ministero missionario (161).

Ma perché l'attività missionaria dei vescovi si risolva realmente a vantaggio di tutta la Chiesa, è bene che le conferenze episcopali regolino esse tutte le questioni che si riferiscono alla ordinata cooperazione nella propria regione.

In sede di conferenza i vescovi devono trattare: dei sacerdoti del clero diocesano da consacrare alla evangelizzazione delle nazioni; del contributo finanziario che ciascuna diocesi, in proporzione del proprio reddito, deve versare annualmente per l'opera missionaria; della direzione e dell'organizzazione dei modi e dei mezzi ordinati al soccorso diretto delle missioni (162); dell'aiuto da offrire agli istituti missionari ed ai seminari di clero diocesano per le missioni e, se è necessario, della loro fondazione; della maniera di favorire rapporti sempre più stretti tra questi istituti e le diocesi.

Parimenti spetta alle conferenze episcopali fondare e promuovere delle opere che consentano di accogliere fraternamente e di seguire ed assistere pastoralmente coloro che, per ragioni di lavoro e di studio, emigrano dalle terre di missione. Grazie a questi immigrati infatti i popoli lontani diventano in qualche modo vicini, mentre alle comunità che sono cristiane da antica data si offre la magnifica occasione di aprire un dialogo con le nazioni che non hanno ancora ascoltato il Vangelo e di mostrare loro, nel servizio di amore e di aiuto che prestano, il volto genuino del Cristo (163).

Dovere missionario dei sacerdoti

39. I sacerdoti rappresentano il Cristo e sono i collaboratori dell'ordine episcopale nell'assolvimento di quella triplice funzione sacra che, per sua natura, si riferisce alla missione della Chiesa (164). Siano dunque profondamente convinti che la loro vita è stata consacrata anche per il servizio delle missioni. E poiché mediante il loro ministero - incentrato essenzialmente nell'eucaristia, la quale dà alla Chiesa la sua perfezione - essi entrano in comunione con Cristo capo ed a questa comunione conducono le anime, non possono non avvertire quanto ancora manchi alla pienezza del suo corpo e quanto quindi Sl debba compiere perché esso cresca sempre più. Essi pertanto organizzeranno la cura pastorale in modo tale che giovi alla espansione del Vangelo presso i non cristiani.

Nella loro cura pastorale i sacerdoti desteranno e conserveranno in mezzo ai fedeli lo zelo per l'evangelizzazione del mondo, istruendoli con la catechesi e la predicazione intorno al dovere che la Chiesa ha di annunziare il Cristo ai pagani; inculcando alle famiglie cristiane la necessità e l'onore di coltivare le vocazioni missionarie in mezzo ai loro figli e figlie; alimentando tra i giovani delle scuole e delle associazioni cattoliche il fervore missionario, sicché sorgano da essi dei futuri predicatori del Vangelo. Insegnino anche ai fedeli a pregare per le missioni e non arrossiscano di chieder loro elemosine, facendosi quasi mendicanti per il Cristo e la salvezza delle anime (165).

I professori dei seminari e delle università esporranno ai giovani la situazione reale del mondo e della Chiesa, perché sia chiara al loro spirito la necessità di una più intensa evangelizzazione dei non cristiani e ne tragga alimento il loro zelo. Nell'insegnamento poi delle discipline dogmatiche, bibliche, morali e storiche mettano bene in luce quegli aspetti missionari che vi sono contenuti, al fine di formare in questo modo una coscienza missionaria nei futuri sacerdoti.

Dovere missionario degli istituti religiosi

40. Gli istituti religiosi, di vita contemplativa ed attiva, hanno avuto fin qui ed hanno tuttora una parte importantissima nell'evangelizzazione del mondo. Il sacro Concilio ne riconosce di buon grado i meriti, rende grazie a Dio per i tanti sacrifici da loro affrontati per la gloria di Dio e il servizio delle anime, e li esorta a perseverare indefessamente nel lavoro intrapreso, consapevoli come sono che la virtù della carità, che devono coltivare in maniera più perfetta in forza della loro vocazione, li spinge e li obbliga ad uno spirito e ad un lavoro veramente cattolici (166).

Gli istituti di vita contemplativa con le loro preghiere, penitenze e tribolazioni, hanno la più grande importanza ai fini della conversione delle anime; perché è Dio che, in risposta alla preghiera, invia operai nella sua messe (167), apre lo spirito dei non cristiani perché ascoltino il Vangelo (168), e rende feconda nei loro cuori la parola della salvezza (169). Si invitano anzi gli istituti di questo tipo a fondare le loro case nelle terre di missione, come del resto non pochi han già fatto, affinché, vivendovi ed adattandosi alle tradizioni autenticamente religiose dei popoli, rendano tra i non cristiani una magnifica testimonianza alla maestà ed alla carità di Dio, come anche all'unione in Cristo.

Gli istituti di vita attiva, perseguano o no un fine strettamente missionario, devono in tutta sincerità domandarsi dinanzi a Dio se sono in grado di estendere la propria azione al fine di espandere il regno di Dio tra le nazioni; se possono lasciare ad altri alcune opere del loro ministero, per dedicare le loro forze alle missioni; se possono iniziare un'attività nelle missioni, adattando, se necessario, le loro costituzioni, secondo lo spirito del fondatore; se i loro membri prendono parte secondo le proprie forze all'attività missionaria; se il loro sistema di vita costituisce una testimonianza al Vangelo, ben rispondente al carattere ed alla condizione del popolo.

Poiché infine, sotto l'ispirazione dello Spirito Santo, si sviluppano sempre più nella Chiesa gli istituti secolari, la loro opera, guidata dall'autorità del vescovo, può riuscire sotto diversi aspetti utilissima nelle missioni, come segno di dedizione totale all'evangelizzazione del mondo.

Dovere missionario dei laici

41. I laici cooperano all'opera evangelizzatrice della Chiesa partecipando insieme come testimoni e come vivi strumenti alla sua missione salvifica soprattutto quando, chiamati da Dio (170), vengono destinati dai vescovi a quest'opera.

Nelle terre già cristiane i laici cooperano all'opera evangelizzatrice sviluppando in se stessi e negli altri la conoscenza e l'amore per le missioni, suscitando delle vocazioni nella propria famiglia, nelle associazioni cattoliche e nelle scuole, offrendo sussidi di qualsiasi specie, affinché il dono della fede, che han ricevuto gratuitamente, possa essere comunicato anche ad altri.

Nelle terre di missione invece, i laici, sia forestieri che autoctoni, devono insegnare nelle scuole, avere la gestione delle faccende temporali, collaborare alla attività parrocchiale e diocesana, stabilire e promuovere l'apostolato laicale nelle sue varie forme, affinché i fedeli delle giovani Chiese possano svolgere quanto prima la propria parte nella vita della Chiesa (171).

I laici infine devono offrire volentieri la loro collaborazione in campo economico-sociale ai popoli in via di sviluppo. Tale collaborazione è tanto più degna di lode quanto più direttamente riguarda la fondazione di istituti connessi con le strutture fondamentali della vita sociale, o destinati alla formazione di coloro che hanno responsabilità politiche.

Meritano una lode speciale quei laici che nelle università o negli istituti scientifici promuovono con le loro ricerche di carattere storico o scientifico religioso la conoscenza dei popoli e delle religioni, aiutando così i messaggeri del Vangelo e preparando i1 dialogo con i non cristiani.

Collaborino poi fraternamente con gli altri cristiani, con i non cristiani, specialmente con i membri delle associazioni internazionali, proponendosi costantemente come obiettivo che « la costruzione della città terrena sia fondata sul Signore ed a lui sia sempre diretta » (172).

Naturalmente per assolvere tutti questi compiti i laici han bisogno di un'indispensabile preparazione tecnica e spirituale, da impartire in istituti specializzati, affinché la loro vita costituisca tra i non cristiani una testimonianza a Cristo, secondo l'espressione dell'Apostolo: « Non date scandalo né ai Giudei né ai Gentili, né alla Chiesa di Dio, così come anch'io mi sforzo di piacere a tutti in ogni cosa, non cercando il mio vantaggio, ma quello del più gran numero, perché siano salvi» (1 Cor 10,32-33).